
Mentre il mondo taceva, Francesco parlava di genocidio e provocazioni. La sua morte lascia un vuoto che pesa come una coscienza
In un Mondo dove chi prova a dire la verità viene subito isolato o attaccato, Papa Francesco ha avuto la forza di prendere posizione. Ha denunciato le provocazioni della NATO ai confini della Russia, ha parlato apertamente di genocidio a Gaza – senza edulcorare le parole – e ha puntato il dito contro il business delle armi, gestito da multinazionali che speculano sulla guerra e sulla morte. Non ha parlato per convenienza, ma per coscienza.
E proprio per questo è stato attaccato duramente: dal governo ucraino, dalla NATO e da ambienti sionisti. Segno che le sue parole sono arrivate dove dovevano arrivare.
Il suo pensiero critico, la sua voce fuori dal coro, hanno rotto la narrazione dominante. Ed è un fatto positivo che sempre più persone abbiano potuto ascoltare un’altra prospettiva.
Poi certo, viene Marx, viene l’anticlericalismo, e viene tutto il portato storico della critica alle istituzioni religiose. Ma ogni analisi, se vuole essere utile, deve essere contestualizzata. E oggi, serve pragmatismo. Quando qualcuno rompe il silenzio e sfida poteri enormi, va riconosciuto. E difeso.
Il mio giudizio positivo su Papa Francesco nasce proprio da qui: dal suo coraggio, dalla sua indipendenza, dalla sua capacità di dire ciò che molti tacciono.
Ciro Crescentini