Morte del bracciante Satnam Singh, il padrone-schiavista è indagato da 5 anni per caporalato

E’ quanto emerge da un documento mostrato in esclusiva dal Tg di La7. Oggi in corteo a Napoli e Latina centinaia di lavoratori e lavoratrici contro la schiavitù

Il Telegiornale di La7 ha pubblicato in esclusiva un documento della Procura della Repubblica in cui si legge che Renzo Lovato, padre di Antonello Lovato, il trentasettenne che ha abbandonato il bracciante indiano Satnam Singh davanti casa dopo aver perso il braccio destro in un incidente sul lavoro nella sua azienda agricola, è indagato da cinque anni per reati di caporalato in un altro procedimento. La notizia del Telegiornale è stata anticipata da Enrico Mentana in un post pubblicato sulla sua pagina Facebook.

I fatti contestati si riferiscono ad un arco temporale che va dal novembre 2019 al maggio 2020. Secondo l’avviso di chiusura delle indagini preliminari, il rappresentante legale dell’Agrilovato società cooperativa agricola e il suo socio, Massimo Varelli, avrebbero recuperato manodopera per i campi grazie all’intermediazione di un caporale indiano, tale Uttam Paul. I braccianti sarebbero stati sottoposti a condizioni di sfruttamento, “approfittando del loro stato di bisogno”. Il pagamento a cottimo molto al di sotto degli 8,65 euro, il minimo previsto dai contratti collettivi per la provincia di Latina. Secondo gli inquirenti sarebbero anche responsabili della violazione continua della normativa sull’orario del lavoro: gli operai provenienti dall’India lavoravano oltre 48 ore alla settimana, “senza alcuna corresponsione degli straordinari”.

E ancora, i giudici contestano il mancato rispetto delle norme in materia di sicurezza e igiene: niente bagni, in azienda, per i lavoratori, niente camerini per il cambio dei vestiti, niente docce, rubinetti d’acqua e “luoghi idonei alla consumazione dei pasti”. Infine, la magistratura ha segnalato la condizione “degradante” degli alloggi. “È emerso che i lavoratori venivano di fatto costretti a lavorare anche sotto la pioggia, venivano trasportati in sovrannumero sul luogo di lavoro a mezzo di veicoli spesso soggetti a guasti che ne pregiudicano anche la sicurezza, condotti e alloggiati in strutture fatiscenti dietro compenso economico mensile di 100, 110 euro” per ciascun lavoratore. L’inchiesta sul proprietario dell’azienda che fa agricoltura intensiva di frutta e ortaggi di stagione è rinominata Jamuna, nome di un fiume indiano del Punjab: è la regione da cui provengono la maggior parte dei braccianti impiegati nell’Agro Pontino. Assieme a Renzo Lovato, altri 14 imprenditori di Terracina, Sabaudia e del Circeo hanno ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini. Adesso, si attende la data dell’udienza preliminare che deve essere fissata dal Gup.




Quello che ha fatto il proprietario dell’azienda agricola di Satnam non è giusto. In Italia gli ospedali sono sempre aperti, per tutti. Se fosse stato portato subito lì, oggi sarebbe qui con noi. E invece oggi la sua mamma e i suoi fratelli, a cui mandava i soldi da qui, stanno piangendo in India. Eppure, prima di lui era successo già a tanti altri. Questa volta, però, visto come è stato trattato dal suo datore di lavoro, il governo italiano ha alzato la voce”. È la testimonianza di Singh Amarjit, lavoratore in un’azienda di bombole di gas in provincia di Latina.

Singh Amarjit è uno dei tanti di nazionalità indiana del territorio pontino, ma anche del resto del Paese, che oggi hanno partecipato alla manifestazione organizzata dalla Cgil in piazza della Libertà per Satnam Singh.

Satnam era uno dei tanti clandestini arrivati in Italia a piedi o in barca senza documenti – aggiunge – Molti di loro sono in nero, ma se messi in regola lavorano meglio, così come dovrebbe essere. È una situazione che si protrae da anni e anni. Chi ha i documenti prende 6 euro, chi è senza 3 o 4 al massimo. Dico sempre loro che se vengono trattati male devono andare subito dalla polizia o dai carabinieri per denunciare tutto.
Lavorano 12 o 13 ore al giorno sotto al sole: vivono indietro di vent’anni. Meritano che i loro diritti vengano rispettati“.

“Lavoro dalle 5 di mattina fino alla sera, 12 o 13 ore al giorno” gli fa eco Kumar, che in Italia si fa chiamare Dario: “Guadagno 4 euro e 30, 3,60 o 5,50 all’ora: è davvero pochissimo. Non basta per pagare la casa, le tasse e inviare gli altri soldi risparmiati ai nostri familiari che vivono in India” lamenta il bracciante indiano.


Sono tre anni che sono qui senza documenti. A Latina siamo 7.000 regolari e 12.000 regolari, più altri lavoratori in nero che non vengono contati” afferma invece Jagdeep Singh: “Vengo pagato 4 euro all’ora, anche se non sempre mi vengono dati. Non è giusto: se lavori devi essere pagato”

La mobilitazione della Cgil – Questa mattina a Napoli e nel pomeriggio a Latina – proprio dove si è verificata la tragedia del lavoratore di origini indiane, la CGIL ha chiamato a raccolta i lavoratori del settore e indetto uno sciopero a fine turno.

In una nota la FLAI CGIL ha messo nero su bianco la propria insoddisfazione per l’esito dell’incontro con i ministri Lollobrigida e Calderone avvenuto ieri nel Ministero del Lavoro. “Le promesse fatte dai ministri – è scritto – non bastano se non si interviene sui capisaldi della legge Bossi-Fini, compreso il cosiddetto decreto-flussi che di fatto rende troppi lavoratori e lavoratrici con il permesso di soggiorno sempre a rischio e dunque facili prede di caporali e imprenditori senza scrupoli”

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